IL COMPLESSO DELLE TERME DI AGNANO TRA PASSATO, PRESENTE E FUTURO
L’età romana
Il complesso termale di età romana sorge sulle pendici del Monte Spina per sfruttare le sorgenti di calore naturale dell’antico cratere di Agnano. Gli attuali resti poco lasciano immaginare della grandiosità e della magnificenza dell’originario edificio che si articolava su vari piani disposti a terrazze sullo scosceso pendio del monte. Le strutture ancora visibili – di difficile interpretazione a causa del cattivo stato di conservazione – sono relative a un unico piano che, nella sua organizzazione complessiva, risulta distinto in due nuclei: il primo, nella zona occidentale, risale all’età adrianea (117-138 d.C.) e comprende il frigidarium C e gli ambienti caldi (D, E, F, G, H, L, M); il secondo, nel settore orientale, è il frutto di un ampliamento successivo
che determinò l’arricchimento del complesso con una serie di sale minori (B), adibite a spogliatoi (apodyteria) e a depositi di unguenti e profumi. Costruzioni di epoca più tarda erano anche i piani superiori, a cui si poteva accedere autonomamente
tramite le due scale poste subito dopo l’ingresso (A).
Il percorso termale, nella sua completa articolazione, prevedeva un andamento circolare, con soste successive negli ambienti caldi per la sauna , i bagni con varia temperatura e permanenza nel frigidarium per il bagno freddo. Attualmente, l’impraticabilità del vano sl e degli ambienti successivi, ricoperti da una fitta vegetazione, così come le modifiche strutturali che il settore occidentale ha subito nel corso del tempo rendono il frigidarium l’unica sala di collegamento tra la zona orientale e gli ambienti caldi. Il frigidarium C è una sala a pianta rettangolare in cui si distinguono ancora con chiarezza due vasche, la prima, più piccola, di forma rettangolare, l’altra, semicircolare, dotata di tre nicchie nella parete di fondo: due di queste ospitavano
le statue di Ganimede e di Venere con le armi, che in antico ornavano l’ambiente insieme con la Venere Marina e il gruppo di Hermes con Dioniso, posti in prossimità della scala che conduceva ai piani superiori. Il vano di disimpegno D permette l’accesso alla zona calda.
Tale settore, in parte disposto in asse con il frigidarium e in parte lungo il lato NO, era riscaldato dalle sorgenti di calore naturale negli ambienti a ridosso del monte (E, F) e da un sistema di alimentazione artificiale nel calidarium H e nei vani ad esso adiacenti. Gli ambienti E, F, in cui l’aria calda penetrava attraverso aperture nelle pareti e al di sotto del pavimento, erano utilizzati come laconica, cioè come sale per i bagni di sudore con vapore naturale: questi, generalmente, si effettuavano stando seduti su sedili di marmo o di legno accostati alle pareti, ma, nella sala E, potevano anche compiersi attraverso il contatto diretto del corpo con l’aria calda proveniente da una bocca ricavata nella parete ad altezza d’uomo. L’ubicazione dei laconica accanto al tepidarium (ambiente G) riproduceva lo schema raccomandato da Vitruvio, così da permettere, dopo la sudorazione, la pratica del bagno tiepido. Tale vano, che comprendeva una vasca i cui gradini sono oggi scomparsi, era di norma utilizzato per il passaggio dalle sale maggiormente riscaldate al frigidarium. Il calidarium H, di forma rettangolare con uno dei lati brevi absidati, era l’unico ambiente fornito di praefurnium (I): la sala, infatti, lontana dalle fonti di calore naturale, doveva essere riscaldata artificialmente per ottenere una temperatura sufficientemente elevata. Il settore occidentale era completamente costruito in opera mista, anche se oggi sono riconoscibili interventi successivi in opera vittata. Ad ovest della zona calda si apre una vasta area, delimitata da due muri di terrazzamento, l’uno curvilineo (o), sul lato sud, e l’altro a grandi nicchie (P) situato lungo il lato nord a un livello inferiore: tale zona, anticamente, era utilizzata come palestra (N); qui i frequentatori delle terme potevano effettuare gli esercizi ginnici o passeggiare sotto i portici che, molto probabilmente, segnavano il perimetro della palestra stessa. I resti di una copertura a tegole sono, in effetti, ancora visibili lungo il muro o e attestano, per il passato, la presenza di un tetto a falda che doveva ricoprire un porticato sostenuto da colonne. Sempre a ridosso del muro o sono identificabili una serie di ambienti successivi, comunicanti tra loro forse adoperati come cisterne. Se non è possibile chiarire la relazione diretta
tra questi ultimi, di epoca più tarda, e la struttura originaria delle terme è, invece decifrabile il sistema di approvvigionamento idrico: dall’acquedotto del Serino si diramava un condotto secondario che, giungendo alle terme attraverso un cunicolo scavato nel monte e lungo oltre 70 m., riversava l’acqua in due bacini. Da qui l’acqua arrivava ai singoli ambienti per mezzo di un sistema di vasche tubi e rubinetti, il cui condotto principale correva sotto il piano del frigidarium e fungeva da collettore di tutte le acque dell’edificio. Anticamente il complesso comprendeva anche l’area occupata dalle terme moderne, dove sorgevano altri sudatori naturali, le cosiddette Stufe di San Germano, costituiti da una successione di ambienti intercomunicanti, a temperatura crescente. L’utilizzazione del complesso termale in età tardo antica e in epoche successive è attestata da una serie di fonti letterarie e documentarie che ne testimoniano le alterne vicende e i diversi modi di impiego. Preziose notizie ci fornisce il poeta Felice, vissuto tra la fine del V e l’inizio del VI sec. d.C., che in cinque epigrammi ricorda l’opera di ricostruzione delle terme compiuta dal re vandalo Trasamondo (496- 523), esaltandone lo splendore e l’imponenza. E’ interessante notare che la ristrutturazione dell’impianto, attuata sulle rovine dell’originario edificio, ne garantì la continuità funzionale. Infatti, sempre per il loro uso terapeutico, le terme di Agnano sono menzionate da Gregorio Magno (VI sec. ), quando narra di S.Germano, vescovo di Capua, che si bagnava, per la cura del proprio corpo, “in Angulanibus thermis”. Tra il IX e il X sec. la zona di Agnano fu interessata da un fenomeno naturale di vaste proporzioni che, in seguito all’abbassamento del suolo, determinò la formazione di un lago al centro dell’antico cratere. Questo evento compromise il normale funzionamento delle terme, danneggiandone anche le strutture. Nei secoli successivi, infatti, secondo quanto testimoniano le fonti, l’impianto continuò a sopravvivere solo come sudatorio naturale: nella versione in prosa del poemetto di Pietro da Eboli (I Bagni di Pozzuoli del 1471) un capitolo
è dedicato al sudatorio di Agnano, che viene ricordato anche nella descrizione di una caccia di Alfonso d’Aragona, risalente al 1443. Il progressivo decadere dell’attività dell’impianto, in epoche successive, emerge dalle notizie trasmesse dalla tradizione antiquaria napoletana, fino a offrirci l’immagine di una struttura senza vita, oggetto esclusivo di indagine archeologica.
1870 Il prosciugamento del Lago di Agnano
La storia del termalismo ad Agnano ricomincia, di fatto, nella seconda metà del XIX sec, più precisamente il 28 settembre del 1870, giorno in cui fu avviato il prosciugamento dell’antico e “pestifero” Lago di Agnano. Dopo l’Unità di Italia, infatti, con una legge emanata il 3 maggio1865, il nuovo stato unitario decise di bonificare il lago concedendo ad un imprenditore napoletano, l’ing. Martuscelli, di realizzare l’opera a proprie spese in cambio della proprietà dei suoli bonificati e delle terre demaniali circostanti. La bonifica cominciò con lo scavo del canale emissario secondo un percorso rettilineo interamente sotterraneo, lungo 1463m, che attraversava in traforo la collina di Monte Spina fino alla spiaggia di Bagnoli e che venne aperto il 28 settembre del 1870 consentendo il lento deflusso a mare delle maleodoranti acque del lago. Quando nel febbraio del 1871 lo svuotamento si concluse, per scongiurare definitivamente il riformarsi del lago, fu realizzato un complesso sistema di vasche e canali, ancora oggi funzionante, che permise di recuperare ben 130 ettari di terreno all’attività agricola. Ma la bonifica ebbe un effetto secondario del tutto imprevisto che condizionò i destini della piana molto più di quanto non fece il recupero dei suoli all’agricoltura. Grazie al prosciugamento, infatti, con grande sorpresa di tutti, venne svelato il grande segreto del lago di Agnano: decine e decine di sorgenti termali, disseminate su tutto il fondo, liberate dalle acque che avevano alimentato per centinaia di anni, ora sgorgavano e ribollivano naturalmente dal suolo fangoso a temperature diverse formando nuove pozze d’acqua che fuoriusciva dal terreno in
grossi getti che resero immediatamente necessaria la realizzazione di appositi canali di evacuazione. Alcune sorgenti erano talmente abbondanti che riformarono subito dei veri e propri laghetti come la straordinaria sorgente ferruginosa calda che sgorgava da numerose polle di grande portata nella zona nord-occidentale della piana.
Ciò nonostante nessuno sembrò cogliere, in un primo momento, la portata di tale scoperta e si dovette attendere più di quindici anni perché qualcuno pensasse di tramutare tanta ricchezza in qualcosa di produttivo. Nel 1887, infatti, un medico ungherese di nome Giuseppe Schneer, attratto dalla fama di cui l’Italia godeva presso gli intellettuali stranieri, si recò a Napoli accompagnato dalla sua consorte e fedele collaboratrice Baronessa Von Stein Nordein. Tra le numerose escursioni che fece in tale occasione si recò ad Agnano, luogo da sempre rinomato presso tutti i paesi europei per le stufe di S.Germano e le curiosità naturalistiche come il fenomeno della Grotta del Cane che tanto affascinò i viaggiatori del “grand-tour”. Ma quello che vide andò ben oltre le sue previsioni e le sue curiosità scientifiche così che rimase letteralmente ammutolito davanti all’immensa piana da poco bonificata brulicante di sorgenti termali di ogni tipo. Schneer non era nuovo